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Tre Uomini per un cannone

di Flavio Bordoni | Nov 28, 2025 | Rebisworld

Quando il tenente Mark ricevette l’incarico di rivedere alcune procedure dell’artiglieria, pensò che sarebbe stato un lavoro noioso. Una pila di manuali sul tavolo, odore di carta vecchia e inchiostro, nessuna azione, nessun addestramento sul campo. Solo pagine. Pagine e regole.

Scorrendo il manuale operativo, un dettaglio lo fece fermare. “Per l’utilizzo di ogni cannone: 3 uomini assegnati.” Tre. Sempre tre. Manovratore, addetto al caricamento… e il terzo? La descrizione era vaga: “supporto operativo”. Una formula elegante per dire niente. Mark aggrottò la fronte. Supporto operativo per cosa, esattamente?

La domanda gli rimase in testa per tutta la mattina. Durante la pausa caffè la buttò lì, quasi per gioco, ai colleghi. “Ragazzi, lo sapete a cosa serve il terzo uomo al cannone?” Gli altri lo guardarono come si guarda chi fa domande scomode su cose che “sono sempre state così”. Uno scrollare di spalle, un sorriso ironico. “È nel manuale, tenente. Se è nel manuale, ci sarà un motivo.” “Sì, ma quale?” insistette lui. Silenzio. Qualcuno fece spallucce, un sergente con vent’anni di servizio concluse: “Non sta a noi chiederlo.”

Fu proprio quel “non sta a noi” a urtare qualcosa dentro Mark. Quella sera tornò in ufficio, quando il corridoio era quasi deserto. Accese la lampada, tirò vicino a sé il vecchio manuale rilegato in tela che nessuno apriva da anni, e poi cominciò a scavare nell’archivio digitale. Versione dopo versione, decade dopo decade, la stessa frase rimaneva lì, ostinata: 3 uomini per cannone.

Fu un archivista, un civile con gli occhiali grossi e la pazienza di chi maneggia la storia tutti i giorni, a indicargli una scatola polverosa in fondo a uno scaffale. “Se cerca l’origine di quella norma, provi qui. Documenti di fine Ottocento.” Mark aprì la scatola con la cura di chi teme che la carta si sbricioli solo a guardarla. Dentro, tra rapporti ingialliti e disegni tecnici fatti a mano, trovò finalmente un manuale di artiglieria del XIX secolo.

Lesse. E di colpo tutto ebbe senso. I cannoni erano montati su carri, i carri trainati da cavalli. La dotazione: tre uomini. Il terzo non era un “supporto operativo” generico. Aveva un compito preciso, fondamentale: tenere fermo il cavallo, calmarlo quando il cannone sparava, impedirgli di fuggire nel panico trascinando via con sé il pezzo d’artiglieria. Senza di lui, dopo il primo colpo, quell’arma sarebbe diventata solo un enorme peso piantato nel terreno.

Mark restò qualche minuto in silenzio, il manuale aperto davanti. Sentiva quasi il rumore dei ferri dei cavalli, il vociare concitato dei soldati, la tensione prima dello sparo. In quel mondo, il terzo uomo era indispensabile. Nel loro, fatto di motori blindati e sistemi computerizzati, i cavalli non esistevano più da un secolo. Eppure, per inerzia, la loro ombra era rimasta intrappolata in una riga di regolamento che nessuno aveva mai osato discutere.

Il giorno dopo, alla riunione con i superiori, Mark portò il manuale antico come una prova in tribunale. Spiegò l’origine della norma, raccontò del cavallo, mostrò come la procedura avesse continuato a vivere ormai staccata dalla realtà. Qualcuno rise, qualcuno si imbarazzò. Un colonnello, dopo un lungo silenzio, disse soltanto: “Quindi, per decenni, abbiamo continuato a mettere un uomo accanto a un cavallo che non c’era più.”

In quella frase, Mark sentì racchiuso il senso di tutte le abitudini mai messe in discussione, di tutte le frasi “si è sempre fatto così” pronunciate per stanchezza, paura o comodità. Capì che la vera responsabilità non era solo aggiornare un manuale, ma imparare a chiedersi, ogni volta: “Il cavallo c’è ancora, o stiamo solo tenendo la briglia nel vuoto?”

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